Carcere di Santo Stefano

L'isola di Santo Stefano lambita dalle acque del Mar Tirreno, geograficamente appartenente all'Arcipelago Pontino, è al momento disabitata e per di più di proprietà privata.
Il territorio isolano di origine vulcanico acquistò notorietà a partire da 1774, anno d'inizio dei lavori di costruzione di un penitenziario, voluto da Ferdinando IV di Borbone, al fine di confinarvi tutti coloro che colepoli di reato potessero "infettare" la società "sana".

L'isola divenne teatro di un affliggente esperimento illuminista, i cui lavori furono eseguiti su progetto dell'architetto Carpi, che nel tracciare rette e parallele si rifece ad una teoria formulata da un filosofo e giurista inglese Jeremy Bentham (1748 - 1832), secondo la quale...nei tentativi di recupero dei detenuti. ...era possibile ottenere il dominio di una mente sopra un'altra mente...tramite una adeguata struttura architettonica. 
La struttura carceraria si sviluppa su tre piani di archi e loggiate, ripiegati su se stessi in modo tale da rivolgere lo "sguardo" all'interno di una struttura a ferro di cavallo, al fine di far sapere al carcerato di essere costantemente controllato dalle guardie del penitenziario.
Le novantanove celle con visulare solo all'interno di un chiostro, presentavano delle volte ed erano precedute ciascuna da un arco che tra loro raccordati davano vita a due distinte sezioni, di cui quella del piano superiore ospitava i prigionieri con lodevole condotta, mentre quella del pianoterra i turbolenti.

Il penitenziario ospitava nel punto centrale una cappella di forma esagonale con altare centrale, nonchè un ospedale realizzato in un avancorpo di fabbriche dove vi erano allestiti altresì gli alloggi del Comandante, di due Cappellani, degli Uffiziali sanitari, di un foriere della guarnigione di Marina e Veterani, e degli altri addetti alla custodia dei reclusi. 
I lavori proseguirono nel corso degli anni con la costruzione alle due estremità del piano inferiore di una serie di celle di segregazione, prive di finestre, oltre che nel 1853, la realizzazione di due strutture quadrangolari ai lati dell'ingresso, utilizzati come laboratori.
Alla metà del XIX secolo risale la realizzazione di un muraglione circolare diviso da due corridoi che consentivano l'accesso all'edicola esagonale e alle cisterne.
Seguirono i lavori di costruzione di due torri a pianta poligonale, di cui una a Nord ed una a Sud delle celle, e di un secondo gruppo di celle, con lo scopo di innlzare a 900 il numero di detenuti ospitabili nella struttura penitenziaria.

L'anno 1799 ha rappresentato un evento importante oltre che per la finalità del carcere, altresì per la storia del nostro Paese, in effetti da luogo di "espiazione" di reati comuni, si passò a vero e proprio centro di perseguitati politici attivi durante i Moti rivoluzionari di Napoli.
Furono anni terribili, prigionieri che morivano sotto gli occhi fugaci delle guardie, detenuti scomodi che venivano fatti sparire, per non parlare delle sevizie di ogni genere.
Nel 1900 raggiunge il carcere nelle vesti di detenuto, l'anarchico Gaetano Bresci, assassino del re Umberto I, ma la sua vita qui durò ben poco, infatti venne rinvenuto morto impiccato nella sua cella, ed il suo corpo gettato in mare.

Le mura del Carcere di Santo Stefano ospitarono anche i famosi detenuti Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi che nel 1941, redassero lo storico Manifesto di Ventotene, documento guida delle prime idee di una Europa Libera e Unita.
Il Periodo fascista non fece altro che alimentare con nuove atrocità questa dura realtà a cui andavano incontro uomini definiti "scomodi", come Umberto Terracini, Sandro Pertini, Mauro Scoccimarro e Rocco Pugliese. Dopo la Seconda Guerra mondiale il carcere riprese la sua funzione di penitenziario per detenuti comuni, ma terminò ben presto.
Il 25 febbraio del 1965 la struttura penitenziaria chiuse per sempre i battenti.